Adriana Latti, giovane changemaker, condivide la sua riflessione sul weekend trasformativo di GenC: Generazione Changemaker che si è tenuto a Corato (BA) dall’8 al 10 ottobre. Il weekend trasformativo, promosso da Ashoka Italia e Agenzia Nazionale per i Giovani, è stato organizzato in collaborazione con Fondazione Vincenzo Casillo e Start-Net Transizione Scuola-Lavoro.
Facciamo un patto: qualunque sia la motivazione per cui tu sia qui a leggermi, che sia per sbaglio, che sia per scelta, leggimi fino alla fine e io ti prometto che non te ne pentirai. Fidati di me, sei nel posto giusto.
Sono Adriana, ho 23 anni e sono nata in un paese in provincia di Bari.
No, non sono una giovane imprenditrice, camera mia non è piena di premi, non so toccarmi il naso con la lingua (ti vedo che ci provi) e, proprio come te, non sapevo di essere una changemaker.
Probabilmente siamo più simili di quanto pensi, ma solo se ti piacciono i dolci.
Sono cresciuta tra uno "shhh, una ragazza certe cose non le dice" e un "Adri, te ne devi andare dal Sud, qui non c’è spazio per energia ed entusiasmo, ma chi te la fa fare di restare?”
Ero circondata da così tante persone che stavano andando via che ad un certo punto ho pensato che in qualche modo dovessi farlo anche io, che questo posto, effettivamente, non mi valorizzasse, nonostante io mi impegnassi tanto, tantissimo, partecipando attivamente alla vita cittadina e collaborando con diverse realtà associative, impegnandomi nel volontariato fin da adolescente.
Dalla mia storia personale, che è l’unico bene che realmente posseggo, ho imparato qualcosa di impagabile: l’importanza della scelta e delle prospettive.
Le mie esperienze di vita mi hanno insegnato che non possiamo conoscere a priori le conseguenze e i risultati di una decisione o di una esperienza, ma possiamo sempre scegliere come guardare quelle conseguenze, quel risultato e, rispetto a questo, agire, sovvertire, sperimentare e cambiare, aggiungerei: insieme.
Penso che a volte il cambiamento parta dalle prospettive che adottiamo, dalle posizioni che assumiamo, dall’umiltà di saper dire “non lo so”, dalla curiosità, dal mettersi e mettere in discussione, dall'osservarsi e osservare da lontano e poi da vicino, a testa in giù o a gambe all'aria, scoprendo che tutti abbiamo la responsabilità (e non la colpa) di ciò che accade dentro e fuori e di noi.
Riconoscere di avere la responsabilità è un atto di amore grandissimo per sé e per gli altri: responsabilità è anche prendersi cura.
Scegliere di guardare le cose diversamente parte dallo specchio di camera tua: specchiarsi dentro, nella propria immagine più sincera, non temerla; rispecchiarsi nell'altro, nella sua immagine così diversa, non temerlo; guardare ciò che trovi riflesso con vivace curiosità e non giudicante, accogliendo le differenze.
Nel weekend trasformativo che si è tenuto a Corato, con Ashoka e Startnet, due realtà coraggiose che operano con e per i giovani, mi sono specchiata dentro e negli altri partecipanti, scoprendo che non solo avevo sete di cambiamento, come tanti di loro, ma stavo scegliendo che quel cambiamento lo desiderassi qui ed ora, partendo da me e dalla mia terra, partendo da “la Puglia è bellissima, ma non ci vivrei”.
Il mio “obiettivo” nel cassetto è che l'educazione emotiva, affettiva e sessuale diventi prerogativa di ogni scuola di qualsiasi ordine e grado, non per un capriccio, ma per un diritto che a me e tanti altri è stato negato. Desidero che questo cambiamento parta dal "basso": dal Sud, dai giovani, da me.
E mentre scrivo queste righe mi accorgo che è proprio scegliere di rimanere qui che fa di me una changemaker: guardare il posto in cui vivo da un'altra angolazione, come un'opportunità su cui investire anche se sembra essere impossibile, molto difficile.
Mi impegno nel farlo con coraggio, accentandone il rischio, con cura e amore.
Desidero che la mia terra diventi un posto in cui ci sia spazio per tutte le persone e in cui tutte le diversità vengano valorizzate, riconosciute e accolte; un posto in cui si possa scegliere di restare e non da cui le persone sentano il bisogno di scappare o che siano costrette a lasciare per variabili diverse.
Ricordi quando all’inizio ho scritto che qualcuno mi diceva “Ma chi te la fa fare di rimanere qui?”.
Beh, qualcun altro diceva "sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo", in realtà noi tutti "siamo il cambiamento che sta già avvenendo nel mondo" e io ho scelto di seguire questa seconda via.
Se sei arrivato fino a qui, grazie giovane changemaker.
Come vedi, probabilmente, siamo più simili di quanto pensassi, ma anche così diversi da avere bisogno l’uno dell’altra.
A volte è una questione di prospettive, che aspetti a condividere la tua?
Partecipa a GenC: Generazione Changemaker.